CORSO DI SUSHI – LEZIONE 4: LA STAGIONALITÀ DEL PESCE

Nel passato sulle nostre tavole c’era a disposizione praticamente solo ciò che la natura produceva in quel periodo e ciò che l’uomo si era ingegnato per conservare da una stagione all’altra. Con l’avvento di serre, frigoriferi, congelatori e trasporti veloci il rapporto del cibo con la stagionalità della prodzione si è andata perdendo, uniformando insieme alla disponibilità anche i sapori degli alimenti. Fortunatamente per quanto riguarda frutta e verdura sta tornando l’attenzione verso un consumo corretto e consapevole, ma in Italia manca ancora la coscienza della stagionalità di altri importantissimi alimenti, uno per tutti il pesce. Nella cucina giapponese, invece, non è affatto così…
In Giappone la stagionalità dei prodotti ittici è sempre stata fondamentale. Ovviamente la grande distribuzione tende ad omogeneizzare l’offerta anche lì, ma un cuoco od una brava massaia giapponesi sanno perfettamente cosa è meglio acquistare e cucinare in un certo periodo rispetto ad un altro.

Per la scelta del pesce (ma anche delle alghe) la stagionalità si riferisce al periodo che vede una naturale crescita di una particolare specie e di conseguenza una pesca o una raccolta più abbondante. Ciò implica ovviamente che quello specifico prodotto sia anche più saporito e più ricco di principi nutritivi e pure che per ogni stagione si sviluppi una particolare cultura gastronomica, con tecniche di preparazione, ingredienti, aromi ed abbinamenti specifici.
Il mondo del sushi è considerato una forma di cultura del cibo che “approfitta delle stagioni” e se nei ristoranti giapponesi in Italia siamo abituati ad avere più o meno sempre a disposizione le stesse qualità di pesce e purtoppo ciò deriva dalla cattiva abitudine, tutta occidentale, di essere più attenti alla nostra golosità personale che alla stagionalità degli ingredienti che ci ingolosiscono. Basterebbe chiedere consiglio all’itamae e ci si aprirebbe un mondo di impreviste delizie…

Ovviamente alcuni prodotti ittici sono abbondanti per lunghi periodi e la stagionalità di ogni specie varia anche in base alla località; inoltre le stagioni di pesca giapponesi non corrispondono esattamente a quelle italiane. E’ comunque interessante a livello generale conoscere le regole che spingono uno chef giapponese a proporre più volentieri, in base alla propria cultura specifica, certi pesci in certi momenti dell’anno.
Tonno e salmone, i più apprezzati dalla clientela italiana, sono mediamente di buona qualità tutto l’anno, mentre per gustare sushi o sashimi con vongole di varie dimensioni, sgombri, platesse, sogliole, seppie, uova di salmone, ricci di mare o canocchie meglio orientarsi sui mesi più freddi della primavera.

Con l’avanzare del clima estivo arrivano anguilla e gronco, sauro e palamita, pesce volante e capesante, branzino e ricciola.
In autunno sono migliori calamari, ostriche, sardine, polpi ed alcuni gamberi più grossi.
Con il freddo invernale infine si apprezzano al loro meglio orata, granchi, dentice e pure il fegato della rana pescatrice.

Molte anche le specie autoctone giapponesi che qui in Italia non sono reperibili (tipo il famosissimo fugu, per la cronaca tipicamente invernale), ma ogni itamae che si rispetti ha individuato prodotti locali italiani da poter valorizzare nella propria selezione personale di sushi. Chiedere dunque allo chef di sushi notizie sul pesce di stagione che potrebbe proporci significa gratificare la sua professionalità ed avere insieme la certezza di essere serviti come fossimo degli intenditori, con la probabilità di assaggiare magari qualche specialità che non sempre viene proposta alla clientela italiana.
Un’ultima curiosità: lontano dal Giappone infine è difficile reperire alghe che non siano essiccate, ma gli chef conoscono il periodo in cui sono state raccolte per avere il prodotto migliore, dunque si orientano su alghe wakame colte in primavera, alghe kombu in autunno, alghe nori ed hijiki in inverno.

Annalena De Bortoli