IL GIAPPONE ED IL FAVOLOSO MONDO DELLE ALGHE

La cucina giapponese poggia essenzialmente su princìpi alimentari semplici e basilari e su piatti poco elaborati in termini di gusto e sapori: pochi intingoli, niente “pasticci” o ripieni complicati; in una parola essa è sappari, ovvero leggera, pulita, semplice: quasi una “cucina povera”. Basata infatti principalmente sui prodotti della terra e del mare utilizza tutto, ma proprio tutto di ciò che pesca o coltiva, anche ciò che in altre tradizioni gastronomiche viene scartato.
Questo mese esploriamo ciò che il mare produce ovunque in quantità ma che solo pochissimi popoli, perlopiù costieri e comunque limitatamente a pochissime regioni, utilizzano come alimenti: stiamo parlando delle alghe.
In Occidente le alghe sono da tempo conosciute nella talassoterapia per i loro effetti benefici ma fino a poco tempo fa poche regioni, ad esempio in Italia Liguria, Campania, Alto Adriatico, Sicilia e Sardegna, ne facevano uso in cucina. Dobbiamo perciò alla diffusione dei ristoranti giapponesi il merito di aver portato questi vegetali marini sulle nostre tavole.
Le loro qualità nutrizionali sono molteplici: ricche infatti di antiossidanti, di fibre e proteine, se assunte anche in piccole quantità tutti i giorni, apportano sostanze nutritive fondamentali per l’organismo. I sali minerali (calcio, iodio, ferro) e le vitamine (betacarotene, vitamine B,C,E) migliorano inoltre la resistenza alla fatica: insomma le alghe sono dei grandi ed efficaci ricostituenti naturali, e combattono malattie e malesseri quali anemia ed astenia…inoltre contengono pochissime calorie, ideali quindi nei regimi dietetici ipocalorici.
Ma andiamo a conoscerle meglio:

Alga nori: il termine in origine si rifaceva alle alghe in senso generico; si parla di alga “nori” sin dall’VIII secolo, quando nel codice legislativo Taiho del 701 veniva citato come materiale per il pagamento delle tasse. Intorno al X secolo cenni sull’alga “nori” in letteratura fanno comprendere che questa aveva fatto finalmente la sua apparizione tra gli alimenti comuni.Le alghe nori vengono prodotte attraverso un sistema molto avanzato di idrocultura. Esse vengono coltivate in mare attaccate a delle reti sospese sulla superficie dell’acqua, tecnica questa che permette ai contadini di continuare a svolgere il proprio lavoro dalle imbarcazioni. La crescita richiede circa 45 giorni, ed ogni singola semina può portare anche a raccolti multipli.La lavorazione del prodotto grezzo avviene attraverso macchinari altamente specializzati che hanno perfettamente riprodotto, automatizzandolo, le fasi di lavorazione manuale: infatti l’alga nori, originariamente prodotta sotto forma di pasta molle, oggi è venduta essiccata in fogli rettangolari (metodo di produzione inventato nel quartiere di Asakusa quando Tokyo si chiamava ancora Edo). Comunemente usata come involucro per il sushi e gli onigiri, aromatizza anche pasta e zuppe. Grazie al suo contenuto di provitamina A, aiuta la ricrescita di unghie e capelli, e facilita la riduzione dei grassi e del colesterolo. Fonte naturale di iodio, aiuta la funzionalità tiroidea. Unico accorgimento a non abusarne per coloro che seguono diete a basso contenuto di sodio o a chi soffre di ipertensione o disturbi renali.

Alga wakame: originaria anch’essa dei mari giapponesi, sin dagli anni ’80 viene però coltivata pure sulle coste settentrionali della Francia, in Bretagna, in seguito al suo sempre più frequente utilizzo nella cosmesi.Nasce e cresce in acque agitate e turbolente e viene raccolta in primavera, quando i pescatori in barca, muniti di rastrello, staccano completamente la radice delle piante dalla sua roccia. Essa viene poi imballata dopo l’essiccazione: così essiccata può essere esportata, mentre per essere venduta fresca sui mercati nazionali, viene leggermente scottata (questo per prevenire la formazione di dannosi microbatteri). Si mangia soprattutto nelle insalate: la wakame saraada è uno degli antipasti più semplici e gustosi dei menu giapponesi.

Alga kombu: se ne trovano più di cento tipologie differenti in Giappone, ma il centro più importante in assoluto per la produzione di alghe kombu è la città di Osaka. La qualità migliore è la Hidaka-kombu, dal nome della località produttrice. Qui le alghe crescono in vere e proprie “foreste sottomarine” dove raggiungono anche un’altezza di 10 metri. In estate vengono raccolte, appena terminato il loro ciclo di maturazione, con l’ausilio di lame affilatissime, e poi lasciate sugli scogli ad essiccare per qualche settimana. L’alga kombu si aggiunge tradizionalmente al brodo dashi ma si può anche sgranocchiare, leggermente salata, in bastoncini.

Alga hijiki: cresce in profondità maggiori rispetto alle altre alghe ed i suoi poteri rigeneranti sono eccezionali. Le sue piante a cespuglio vengono raccolte tra gennaio e maggio, quindi fatte bollire a lungo per renderle tenere e quindi fatte essiccare.Prima di cuocerla, l’alga hijiki va fatta nuovamente ammorbidire, e, poiché lega molto bene con l’olio, si mangia di solito saltata in padella unita ad altri vegetali, come carote o cipolle.

Alga agar agar o kanten (寒天): l’alga kanten è un’alga rossa polisaccaride usata come addensante naturale, ha un alto contenuto di mucillagini e contiene una sostanza, detta carrogenina, ricca di sali minerali, che è praticamente una gelatina. E’ usata in cucina nell’arcipelago del Sol Levante da circa 350 anni ed è conosciuta con il nome di kanten, che significa “clima freddo”. Narra una leggenda infatti che nel 1658 un locandiere, Tarazaemon Minoya, avesse preparato un dessert a base di alghe per i suoi ospiti e che avesse gettato via poi quello avanzato. Il freddo notturno lo congelò, ma il sole del mattino lo sciolse nuovamente, per poi quindi seccarlo di nuovo.
Minoya raccolse il residuo, lo bollì nuovamente e, quando il composto gelatinoso si fu raffreddato, si rese conto, assaggiandolo, che era di qualità nettamente superiore al precedente.
In una notte Minoya aveva scoperto così la tecnica che poi si sarebbe sviluppata a livello industriale nella produzione dell’agar, previo quindi congelamento e successiva essiccazione. L’agar ha la peculiarità tutta sua di essere insolubile a freddo, ma di sciogliersi nell’acqua in ebollizione: la gelatina che se ne ricava, a differenza dell’amido, è termoreversibile, ed inoltre a differenza della comune colla di pesce, resiste alle alte temperature, così da poterla utilizzare, allo stato solido in cubetti, anche nei piatti caldi. Lo yokan, un dolce giapponese a base di fagioli di soia e spesso aromatizzato al tè verde oppure alle castagne, è un esempio di alimento reso solido dalla consistenza gelatinosa dell’alga kanten (l’aspetto è simile alle nostre cotognate, ma meno zuccherine: se ne consiglia vivamente l’assaggio!)

E PER FINIRE…
Parafrasando un detto nostrano secondo cui del “maiale non si butta via niente”, in Giappone del pesce, alimento per antonomasia della sua cucina, non viene sprecato nulla.
Ed ecco che spesso, accompagnato da una bella birra ghiacciata, si può gustare come aperitivo, un ottimo hone senbei, snack croccante che si prepara con le lische di pesce.
Quando arrostiamo o friggiamo il pesce mai infatti buttare via la lisca, la testa, o la pelle: queste possono essere arrostite a parte e, ricche come sono di calcio e fosforo, diventare particolarmente consigliate ed appetibili per i più anziani e per i bambini. Così preparate se ne trovano anche in vendita in Giappone, naturalmente: la consistenza è però, come ovvio, differente a seconda del tipo di pesce, quindi quella dell’anguilla risulterà particolarmente dura alla masticazione, a differenza di quella del dentice, più morbida, attenzione quindi, nella scelta, onde non danneggiare una dentatura maggiormente fragile…
Buon appetito!

Loredana Marmorale

Immagini: japanesefoodreport.com1822.ltroboppy.netkurakonusa.comcookingwithjapanesegreentea.blogspot.comunagi-kawatoyo.comnaturalmentegift.com