SAKE: IL GUSTO DELLA STORIA GIAPPONESE

Il sake nasce dalla lavorazione del riso grazie a un sofisticato processo produttivo di origini antichissime e unico nel suo genere, che dà luogo a una straordinaria e inconfondibile complessità di profumi e aromi.
E’ la bevanda fermentata che contiene la maggiore quantità di alcool al mondo ma è anche la più ricca di vari fattori nutritivi fra cui zuccheri, amminoacidi, acidi organici, vitamine.
Un vero tesoro nazionale.

Ricchezza..

Il sake è per i Giapponesi come il vino per gli Italiani. Esso accompagna la loro vita nei momenti più importanti, tutte le cerimonie religiose e gli eventi civili vengono suggellati bevendo un bicchiere di sake: il raggiungimento della maggiore età, il matrimonio (con il rito “san san kudo”), una vittoria elettorale, un successo aziendale, la vittoria di un torneo di sumo, un funerale…
Oggi esistono tante varietà di sake in Giappone quante di vino in Italia: la quantità prodotta e consumata si è ridotta ma la qualità si è elevata. Così il sake che giunge sulle tavole europee oggi è il meglio che si possa desiderare.
In una goccia di sake è contenuto il ricco frutto di secoli di storia e cultura straordinaria.

…E purezza

Al contrario del vino, il sake non contiene conservanti e, nel caso dei sake di qualità, nemmeno altri additivi. Per questo può collegarsi a questa preziosa bevanda un concetto: quello di purezza.
E purezza è data dalla raffinazione dell’ingrediente essenziale: il riso.
Il riso utilizzato per il sake (sakamai) è diverso da quello che si usa in cucina: ha un chicco più grande, in cui si concentrano in abbondanza amidi. Le varietà più utilizzate sono circa una decina.
Il grado di raffinazione, seimaibuai, è espresso attraverso la percentuale del chicco che viene utilizzata. Se il seimaibuai è almeno il 70% del peso totale del chicco e si è seguito un particolare disciplinare di produzione, al sake può essere attribuita una denominazione di qualità.

Il sake con queste caratteristiche di purezza ha aromi delicati ed eleganti.
La denominazione di qualità, a differenza di quella utilizzata in Italia per il vino, non è legata al territorio di provenienza: le zone più famose per il sake si trovano a nord di Tokyo, ma i produttori possono sperimentare e selezionare le materie prime migliori di ogni provincia così da ottenere un prodotto unico.
Un altro elemento importante è l’acqua: l’acqua considerata migliore o comunque più nota è quella ricca di fosforo e potassio, con una piccola quantità di magnesio e calcio, della sorgente Miyamizu vicino a Kobe.
La lavorazione, molto complessa, si basa sulla fermentazione di acqua, riso, spore del fungo Aspergillus orza, acido lattico e lieviti e dà luogo contemporaneamente alla saccarificazione e alla fermentazione.
Ciò permette al sake di ottenere un grado alcolico elevato: generalmente, il sake in vendita presenta una gradazione tra il 15% e il 16%.

Assaporare il Sake

Quando viene venduto, il sake è già al massimo della sua parabola qualitativa e va consumato al più presto per godere della sua freschezza: esso mantiene perfettamente integre le sue qualità per un periodo di un anno dalla produzione, sempre che sia conservato nel modo corretto (lontano dalla luce e alla temperatura massima di 20°).
Il sake va tradizionalmente servito e degustato in una piccola coppa di ceramica (tokkuri) e può essere bevuto a varie temperature: ad ognuna di esse, la bevanda assumerà un aroma e un gusto diverso.
Esistono inoltre sake più aromatici con sentori fruttati.
La valutazione del sake, come quella del vino, è basata sull’osservazione degli elementi visivi, olfattivi oltre che di gusto; un vantaggio, rispetto al vino, è che il sake è molto facile da abbinare ai cibi, anzi ne esalta i sapori: come disse un sommelier giapponese, vino e cibo sono due mani con le dita bene aperte che si incastrano fra loro solo quando l’abbinamento funziona, mentre sake e cibo sono una mano aperta che va ad avvolgere una mano chiusa a pugno.

Delle varietà di sake, delle occasioni e delle ritualità ad esso legate, dei modi di berlo e degli abbinamenti ideali avremo modo di parlare nei prossimi appuntamenti mensili.

Ma ora….brindiamo!

Federica Cecconi