ALIMENTO E CONDIMENTO – LA SOIA PIÙ AMATA

Il tofu è probabilmente il piatto a base di soia più diffuso in Oriente ma è molto amato anche in Occidente. Fu introdotto in Giappone verso la fine del VII secolo, durante il periodo Nara, e si affermò in concomitanza con il Buddismo che sosteneva l’importanza di una dieta vegetariana. In effetti il tofu, privo di colesterolo e di grassi saturi ma ricco di proteine, calcio e fosforo è un ottimo sostituto di carne e uova.
Il “formaggio di soia” è il risultato della cagliatura del latte di soia (che si ottiene mediante l’ammollo, la frantumazione, la bollitura e la successiva essiccazione dei fagioli di soia) per mezzo di una polvere (nigari) composta di cloruro di magnesio, estratto dall’acqua marina evaporata dopo la rimozione del cloruro di sodio. Il caglio viene disciolto in acqua e mescolato nel latte di soia portato ad ebollizione, finché l’impasto non coagula in una forma morbida.

A seconda della quantità d’acqua che si estrae dalla cagliata, il tofu può risultare più liscio e delicato (kinugoshi) o più solido (momendofu): quest’ultimo, asciugato utilizzando un apposito tessuto filtrante e poi pressato nella tipica forma di parallelepipedo, viene solitamente tagliato a cubetti.
L’utilizzo di questi panetti di tofu in cucina è infinito: alla piastra, fritto, stufato, in insalata… Apporta ad ogni piatto non solo il proprio delicatissimo sapore, ma sprattutto un gioco di consistenze che è difficile immaginare utilizzando altri ingerdienti occidentali. Ecco perchè viene utilizzato spesso in preparazioni giapponesi molto comuni come la zuppa di miso: la cucina giapponese è infatti molto attenta agli equilibri di sapore, colore e consistenza di ogni piatto.

La versione più morbida, quasi cremosa, detta silken tofu, è anche molto adatta a sostituire panna o latte in frullati, dolci o vellutate di verdura. Esiste poi anche una varietà di tofu secco, pressato in fette lunghe e sottilissime, che viene cotto a fuoco lento in salsa di soia oppure viene sbriciolato e fritto nella tradizionale ricetta “aburage”. L’aburage si abbina anche al sushi (inarizushi) e alle verdure (ganmodoki), ed i giapponesi lo consumano molto spesso in una zuppa di udon detta kitsune udon”, cioè “gli udon della volpe”, nome legato ad un’antica leggenda che vuole le volpi molto golose di tofu fritto…
Il tofu può essere inoltre trovato in commercio in salamoia o aromatizzato. Il tofu in salamoia è usato comunemente in piccola quantità con verdure stufate tipo gli spinaci d’acqua e spesso viene direttamente usato come condimento nel riso.
Poco diffusi in Italia ma grandemente apprezzati in Giappone sono invece i tofu aromatizzati con ingredienti dolci, di consistenza generalmente più morbida, tipo il tofu all’arachide (jimami-dōfu), il tofu alla mandorla, il tofu al mango o il tofu al cocco, ottimi come dessert a sè, magari accompagnati da frutta o sciroppi, o come ingredienti per la preparazione di dolci più comlpessi. Per produrre questo tipo di tofu vengono miscelate nel latte di soia, prima della coagulazione, zucchero, frutta acida e aromatizzanti.
In molti piatti salati il tofu, come dicevamo derivato dalla soia, avendo un sapore aabbastanza eneutro vienespesso aromatizzato con salsa di soia, condimento diffusissimo ed efficacissimo nell’esaltare i sapori. Un esempio tipico del perfetto matrimonio tra questi due prodotti dall’origine in comune è l’hiyayakko, una praparazione estiva in cui il tofu viene servito freddissimo contornato di vari condimenti, comen zenzero fresco grattugiato, cipolle verdi e, appunto, salsa di soia.

La salsa di soia (shoyu), prodotta dalla fermentazione della soia e del grano, fu introdotta in Giappone alla fine del VII secolo ad opera dei monaci buddhisti, che all’interno della loro dieta rigorosamente vegetariana la utilizzavano per conferire ai cibi un aroma simile a quello della carne. Tra le qualità nutritive della salsa spiccano proprietà digestive e un contenuto di antiossidanti dieci volte maggiore rispetto a quello del vino rosso.
La salsa viene preparata cuocendo al vapore la soia, mescolandola a grano tostato, sale e fermenti e facendo riposare il composto per 18/36 mesi in botti di cedro. Infine si passa alla pressatura, pastorizzazione e filtrazione del composto. Esistono molte varietà di salse, a seconda delle proporzioni di soia e grano utilizzati o del tempo di fermentazione. La salsa giapponese più antica e famosa è la Tamari, prodotta principalmente nella regione del Chubu utilizzando una maggiore quantità di soia rispetto al grano.


Il risultato è comunque un liquido di colore brunastro e dal sapore terroso e salato, in parte dovuto al contenuto naturale di glutammato monosodico, ma così unico da dar luogo ad una definizione apposita di gusto: “umami”, che si va ad aggiungere alla classica ripartizione occidentale dei sapori in salato, dolce, aspro ed amaro come una quinta forma di gusto.
Utilizzata sia per aromatizzare il cibo durante la cottura sia servita a parte per essere aggiunta al cibo come condimento a sè, la salsa soia riesce ad integrarsi e completare in modo armonioso ed originali molti altri condimenti come aceto, zenzero, olio e sesamo, mentre è ingrediente base di molte altre salse fondamentali della cucina giapponese come la salsa teriyaki per verdure e carne alla piastra, la kabayaki, per pesce ed in particolare per l’anguilla, o la tentsuyu in cui si intinge il tenpura.
Insomma…la soia, che sia condimento o cibo, è ottima in tutte le sue forme!

Federica Cecconi