CORSO DI SUSHI…2 – L’ITAMAE: UN ARTIGIANO CON L’ARTE NELLE MANI

Dopo aver visto nell’articolo precedente come è nato il sushi in Giappone, vediamo ora cosa significa saperlo preparare. Mentre una persona che cucina per professione viene solitamente definito un cuoco od uno chef, nel mondo del sushi l’artefice di quel meraviglioso cibo è chiamato itamae, ovvero “artigiano del sushi”.
Gli itamae devono completare un preciso corso di studi per specializzarsi in tecniche culinarie molto specifiche e ci vogliono parecchi anni perché tali tecniche siamo padroneggiate con estrema competenza. Queste tecniche hanno però tutte una caratteristica comune: formare una pallina con pesce e riso condito, pressarli in uno stampo di legno o avvolgerli con una stuoietta di bambù, infatti, sono tutti gesti che vanno eseguiti rigorosamente a mano e ciò richiede una perizia ed un’esperienza proprio tipiche del lavoro artigianale.
Molto probabilmente la preparazione del sushi è il più classico esempio di cucina basata espressamente sull’utilizzo delle mani, tanto che per un maestro di sushi o, come è meglio dire, per un artigiano del sushi, le mani sono un vero e proprio strumento del mestiere, dunque un prezioso patrimonio da preservare con attenzione. Per questo motivo un itamae se ne prende cura ogni giorno ed è particolarmente scrupoloso per quanto riguarda la loro igiene, dato che da essa dipendono sia la sicurezza di ciò che viene servito al cliente che il sapore del cibo manipolato.

Ogni itamae sa sviluppare non solo un proprio stile personale nelle forme e nei sapori che caratterizzano il suo sushi, a partire dalla cottura e dal condimento dello shari, il riso per sushi. Ma acquisisce con il tempo anche una gestualità specifica che lo contraddistingue e che, soprattutto in Giappone, risulta una delle componenti che i veri intenditori sanno apprezzare e che costituiscono motivo di scelta quando si tratta di decidere a che itamae affidarsi per la propria cena.
Ed ecco una carrellata dei più conosciuti tra i gesti tipici di ogni buon itamae:

Il wasabi (pronuncia “vasabi”) è un condimento sotto forma di pasta verde e piccante che accompagna il sushi. Appartiene alla famiglia del rafano ed in giapponese si chiama anche namida, ovvero “lacrime”, a causa del suo aroma estremamente pungente. Viene ricavato grattugiando la radice fresca su un’apposita grattugia, l’oroshigane, tradizionalmente ricavata dalla pelle di squalo e i veri intenditori sanno che un buon wasabi andrebbe sempre preparato al momento per poterne apprezzare al meglio la fresca piccantezza.

Il nigiri sushi (pronuncia “nighiri”) è la forma di sushi più conosciuta in Occidente. Il suo nome significa letteralmente “sushi fatto a mano” e la preparazione del boccone di riso dalla classica forma cilindrica richiede sette movimenti delle mani rigidamente codificati, tutti attentamente calibrati per donare al riso la specifica compattezza che ogni differente tipo di pesce richiede. In questa foto una variante relativamente recente, in cui il pesce è stato leggermente scottato sulla griglia ed aromatizzato con sale grosso invece che con la classica salsa di soja.
La foto di apertura ritrae in specifico un anago nigigi sushi, preparato cioè con fettine di gronco (anguilla di mare) e salsa nitsume. Questa salsa densa e dolciastra è ritenuta una vera squisitezza in Giappone ed ogni itamae possiede una propria ricetta segreta per prepararla ed il proprio gesto speciale per spennellarla sul pesce in giusta quantità.
Il maki sushi (pronuncia “machi”), ovvero il sushi arrotolato, sembra il più semplice ad un occhio poco esperto ed è di fatto l’unico tipo di sushi sagomato che viene preparato con frequenza anche a casa in Giappone. Un maki sushi realizzato a regola d’arte deve avere il ripieno posizionato esattamente al centro dei rotolini, che devono essere tutti della stessa altezza, della stessa consistenza e che devono stare in piedi stabilmente, belli dritti e senza aprirsi. L’alga nori utilizzata per avvolgere lo shari deve essere in uno strato solo e restare ben croccante. Ecco perché per gustare i maki al loro meglio vanno preparati proprio al momento.

Annalena De Bortoli