IDENTITÀ GOLOSE: L’ALTA CUCINA ITALIANA APPREZZA IL GIAPPONE

Si è svolta a Milano dal 30 gennaio al 1° febbraio l’edizione 2011 di Identità Golose, il Congresso Italiano della Cucina d’Autore, che quest’anno era dedicata a “I segni e i gesti”, con l’intento di cogliere i segni delle nuove tendenze ed i gesti della sapienza tradizionale che caratterizzano oggi la ristorazione di qualità italiana ed internazionale. E quest’anno anche la cucina del Giappone ha avuto un ruolo da protagonista.
All’interno della manifestazione hanno raccontato sul palco le proprie esperienze e condiviso le proprie convinzioni gastronomiche chef italiani e stranieri di fama internazionale quali Massimiliano Alajmo, Gennaro Esposito, Massimo Bottura, Ciccio Sultano e Carlo Cracco ma anche lo svedese Magnus Nilsson, il turco Mehmet Guers, il portoghese Nuno Mendes o lo spagnolo Josean Martinez Alija.

Per la prima volta nella storia della manifestazione inoltre sono stati ospitati anche due chef giapponesi che hanno saputo stupire la platea con le proposte in cui spiccavano evidentissimi i valori di eleganza, raffinatezza e legame con la natura dell’arte culinaria nipponica, che difende la propria identità attraverso una severissima scelta nella qualità e nel rispetto delle materie prime.
Tatsuya Iwasaki è da dieci anni in Italia dapprima come chef e poi come pasticcere, da tre anni al ristorante Agli Amici appena fuori Udine. Il suo stile nella preparazione di dolci “occidentali” è permeato dalla visione giapponese di una tavola composta da tanti piccoli piatti, ognuno con la propria estetica ed il proprio gusto. In questo senso i rapporti di armonia e sovrapposizione dei sapori sono definiti non dal cuoco ma dal commensale, che nello scegliere la sequenza e gli abbinamenti dei vari assaggi determina in modo molto personale la propria esperienza gustativa.
Tatsuya Iwasaki propone dunque dei dessert “scomposti”, in cui evita sapori troppo ricchi o concentrati, che possono sembrare piacevoli al primo boccone ma che rischiano di appesantire il palato con il proseguire della degustazione. Il dessert da ristorante secondo lui deve essere più leggero di quello da pasticceria perchè va servito a fine pasto ed in armonia con i sapori precedenti. Ha il vantaggio di poter essere preparato o rifinito all’ultimo, quindi può contare anche sulla freschezza di consistenze evanescenti ed inusuali.

Lo chef Yoshohiro Narisawa ha invece scelto il percorso contrario: dopo alcuni anni presso ristoranti di altissimo livello in Francia ed Italia, tra cui un’esperienza di un anno dal grande chef Ezio Santin, è tornato in Giappone ed ha aperto un suo ristorante a Tokyo, Les Créations de Narisawa.
Si dice che un cuoco in Occidente venga apprezzato se ha molta inventiva, in Giappone se sa ripodurre alla perfezione la tradizione dei piatti di suo padre e di suo nonno. Narisawa, in una nuova concezione del legame rispettoso tra cucina, tradizione e natura, ha provocatoriamente ed insieme semplicemente presentato piatti legati in modo davvero concreto agli elementi naturali, come un pane contenente polvere di castagno, una zuppa di terra, o un trancio di carne al carbone.

La cucina giapponese non ha emozionato gli spettatori di Identità Golose solo con le performance di questi due eccezionali chef, perchè anche una realtà tutta milanese ha avuto grande rilievo: il conferimento del premio di qualità al ristorante Osaka di Milano sotto il titolo Identità delle Diversità è stata un’occasione di riconoscimento per la cucina giapponese di alto livello in Italia, all’interno della sezione Identità vincenti a Milano nell’eccellenza della ristorazione etnica.
Durante la cerimonia di premiazione sia Paolo Marchi, patron dell’evento, che Alfredo Zini, presidente dei Ristoratori di Milano, che la sig.ra Aoki Naoko, titolare del ristorante Osaka, hanno tenuto a precisare che il premio è un riconoscimento non solo all’operato del singolo ristorante ma in assoluto anche all’attività intera dell’Associazione Italiana dei Ristoratori Giapponesi, che in questi anni ha sempre curato che la cultura e l’autenticità della qualità della gastronomia giapponese venissero supportate e valorizzate ed ha saputo offrire attraverso tutti i ristoranti associati alla clientela italiana una esperienza gustativa autentica e originale, ben lontana in sostanza e qualità dalle tante maldestre imitazioni.
“La sig.ra Aoki e gli altri ristoratori dellì’Associazione”, spiega infatti Paolo Marchi, “hanno vinto la loro sfida ben lontani da casa, mettendo in piedi delle autentiche realtà di successo, autentiche perché a Milano ci sono oltre 200 ristoranti giapponesi ma nemmeno un decimo di questi sono gestiti da sol levantini”. E proprio ai colleghi dell’Associazione la signora Aoki ha dedicato con orgoglio il prestigioso premio ricevuto.

Annalena De Bortoli