UN ANNO È PASSATO…

11 marzo 2011, ore 14:45:23: la regione del Tohoku, nord-est del Giappone, trema per 6 lunghissimi minuti. Nella zona vicina all’epicentro, prefettura di Miyagi, la scossa di terremoto raggiunge magnitudo 9, il sisma più devastante che il Giappone abbia subìto nella storia.

Successivamente alla forte scossa viene dato sulla costa l’allarme tsunami. E’ prevedibile che un’onda anomala si abbatterà sulla zona; i Giapponesi, disciplinatamente, ascoltano la radio e la maggior parte di loro non si impensierisce: sarà un tragico errore. Infatti questa volta ciò che accade va oltre ogni previsione ed anche per il Paese più organizzato, esperto e preparato agli eventi catastrofici, si spalancano le porte dell’inferno.

Le onde dello tsunami che si abbattono nella prefettura di Iwate, Miyagi, nella zona di Sendai superano i 10 metri e si infrangono sulla terraferma viaggiando ad una velocità oraria di 750 chilometri: impossibile per chi, vicinissimo al mare, ha atteso l’arrivo ed il passaggio dell’onda anomala, mettersi al riparo nell’entroterra quando capisce che non sarebbe stato come le altre volte.

Ma c’è di peggio, se possibile: la vicina centrale nucleare di Fukushima subisce enormi danni a tre dei suoi reattori, a causa dell’interruzione del loro sistema di raffreddamento. Questo causa la fusione parziale dei noccioli al loro interno: così ha inizio l’incubo peggiore, quello nucleare.

Le popolazioni residenti nell’area immediatamente attorno al reattore vengono fatte evacuare ma il pericolo, con il passare delle ore, aumenta e anche molte città confinanti verranno progressivamente abbandonate al loro destino. Allo stato attuale dei fatti l’evacuazione è stata portata a 50 chilometri di distanza dalla centrale. Circa 150mila persone hanno dovuto lasciare la zona, le case, gli animali, le terre coltivate, e l’effetto delle radiazioni su di esse purtroppo ancora non è facile da prevedere.

Il mondo tutto, sin dalle ore immediatamente successive alla tragedia, si mobilita in aiuto di un Paese sotto choc, pur se preparato a fronteggiare al meglio le emergenze. Un Paese annichilito da un evento che ha superato, infrangendola di schianto, ogni barriera creata dall’esperienza.

Dall’Europa e dal mondo partono squadre di soccorso ad affiancare i 100mila soldati giapponesi inviati dal governo di Tokyo, un imponente piano di salvataggio mai visto prima. Trenta squadre di soccorso vengono inviate dall’ONU; dagli Stati Uniti viene autorizzato l’intervento della flotta presente in zona, esperta in emergenze e con la presenza a bordo di alcuni tecnici nucleari.

Col passare dei giorni e poi delle settimane iniziative benefiche vengono organizzate a qualsiasi livello e latitudine. Accanto a quella ufficiale di tutti i singoli Paesi, il mondo della musica ad esempio, si riunisce in più concerti a sostegno delle vittime dello tsunami ed alcuni artisti si rendono protagonisti anche di iniziative personali singolari e fruttuose: Lady Gaga, icona pop del momento e molto amata in Giappone, raccoglie ad esempio 250mila dollari disegnando un braccialetto con la scritta, in inglese ed in giapponese, “We pray for Japan” 日本の為に祈りを, venduto online a 5 dollari; Ono Yoko e suo figlio Sean Lennon organizzano il Japan Benefit Concert al Miller Theatre della Columbia University a New York; Lou Reed organizza uno spettacolo-fiume di eccezionale lunghezza, 12 ore presso la Japan Society di New York; gli Iron Maiden, sorpresi dal terremoto mentre erano in volo verso Tokyo per due concerti e costretti a cancellarli precipitosamente, decidono di vendere la t-shirt in edizione limitata pensata per il concerto e devolverne i proventi in favore della Croce Rossa Giapponese.

Il popolo di Internet si mobilita immediatamente, beneficiando anche del fatto che in Giappone la robusta rete è rimasta miracolosamente attiva anche nelle ore immediatamente successive alla catastrofe persino nelle zone colpite dal sisma. La vicinanza emotiva, sociale ed economica all’interno ed all’esterno del Paese è stata fondamentale per il morale dei Giapponesi.

Il social network Facebook, ad esempio, apre una pagina Facebook causes da cui è stato possibile donare dai 10 ai 500 dollari alla Croce Rossa Americana che li ha raccolti per poi devolverli al Giappone (obiettivo prefissosi, 100.000 dollari, obiettivo raggiunto oltre quota 300.000). Anche per gli appassionati di giochi virtuali, parliamo dei celeberrimi CityvilleFarmville e Frontierville, per citarne solo alcuni, è stato possibile contribuire alla causa: l’acquisto, infatti di particolari “virtual goods” ha reso possibile sostenere l’organizzazione “Save the Children” che ha istituito un fondo di emergenza nelle zone colpite.

Gli ideatori di Explore.org, un’organizzazione eminentemente filantropica, hanno stabilito di donare 1 dollaro per ogni “like” alla pagina Facebook di “Dog bless you”, fino a raggiungere 100.000 dollari.

Attraveso Itunes il colosso Apple ha reso possibile a milioni di utenti sparsi in tutto il mondo donare dai 5 ai 200 dollari alla Croce Rossa Internazionale, operante in Giappone sin dai primi momenti del disastro. E poi ancora Groupon ed altri numerosi canali web, dimostrando l’esistenza di un mondo seppur virtuale, concreto nei fatti.

Un ottimo servizio è stato offerto dal colosso Google che ha creato l’applicazione Person Finder dedicata ai dispersi nel tentativo di riunire le famiglie divise dal sisma.

Il social network Twitter ha infine istituito in Giappone un sistema di microblog sin dal 12 marzo successivo; questa rete ha incessantemente informato ed aggiornato il paese sullo stato dei fatti man mano che accadevano, fornendo degli hashtag ( un modo cioè per mettere in relazione contenuti simili e persone che parlano degli stessi argomenti ) per poter “twittare”, come si dice in gergo, informazioni specifiche sui vari argomenti, da quelle più generali sul sisma a quelle più particolari sulla stima dei danni, delle evacuazioni, delle vittime e così via.

Anche per gli animali si sono mobilitate varie organizzazioni, una per tutte quella no profit ARK (Animals Refuge Kansai), che ha raccolto fondi e continua a farlo tuttora per tutti gli animali domestici rimasti “orfani” dei loro padroni nel Tohoku.

Il primo ministro giapponese Naoto Kan, l’11 aprile successivo alla catastrofe, ha inviato un messaggio a tutte le nazioni per ringraziarle di essersi così tanto prodigate e di aver così attivamente partecipato del dolore del suo Paese dai primi momenti di smarrimento a quelli successivi, dei soccorsi e della ricostruzione.

Vogliamo concludere dunque con le parole di speranza ricevute anche in Italia dal nostro Presidente della Repubblica:

“A nome della popolazione giapponese, desidero esprimere i miei più sentiti ringraziamenti per l’assistenza ricevuta da tutto il mondo. Non c’è dubbio che il Giappone si riprenderà, risorgerà e diverrà un Paese ancor più meraviglioso. Ritengo che, in risposta al caloroso incoraggiamento e alla solidarietà manifestati dalla comunità internazionale, proprio percorrere quella via per una nuova vita sia doveroso da parte del nostro Paese, e costituisca la miglior risposta da offrire. E sono certo di poter affermare che ciò sarà possibile grazie alla forza innata dei cittadini giapponesi e al caloroso sostegno della comunità internazionale. Sono inoltre convinto che il Giappone sarà in grado di ricompensare il caloroso sostegno ricevuto da tutto il mondo attraverso il suo contributo alla comunità internazionale. Anche a questo scopo, farò del mio meglio per perseguire la ricostruzione.
Naoto Kan
Primo Ministro del Giappone
Un amico si vede nel momento del bisogno.”

Loredana Marmorale

Immagini tratte da www.dailymail.co.uk